Specializzati” nella rappresentazione delle commedie di Eduardo De Filippo ma non solo… IMPEROINFORMATICO è lieto di annunciarvi
Teatro “Grotteria Onlus
Una compagnia teatrale che arriva su piazza a prove fatte, però realizza il suo spettacolo in maniera particolare, utilizzando come ambientazione scenografica i luoghi reali.
Si cerca di far nascere lo spettacolo dall’incontro con i luoghi, le culture e le comunità locali; e per questo spesso, nel passato, all’interno dei loro spettacoli hanno accolto anche decine e centinaia di comparse o attori locali.
L’obbiettivo è quindi non la replica, ma la speciale e irripetibile realizzazione di una rappresentazione che nasca strettamente legata a quei luoghi carichi di esperienza umana di cui l’Italia è ricchissima e spesso inconsapevole. Ciò è molto più scomodo e faticoso della semplice replica.
Non si tratta di animazione teatrale o teatro di strada. L’idea è piuttosto quella di far reagire drammaturgia con architettura: cercare negli spazi sociali suggestioni per l’evento teatrale. Chiedere il teatro a quei luoghi che sono depositari di una esperienza parallela a quella del testo scritto.
Quei luoghi che nessuno scenografo potrà mai pensare o realizzare: luoghi tanto più forti quanto più abbiano perduto visibilità e voce o siano portatori di una memoria sociale per qualche motivo sbarrata. Teatro-teatro, perciò, ma fuori dal Teatro.
Il teatro può così conferire valore ai luoghi, farceli vedere con occhio nuovo, attraverso lo sguardo infantile del gioco teatrale; ed i luoghi possono valorizzare il teatro rinvigorendone le convenzioni attraverso rappresentazioni itineranti, atipiche o arricchite dalla partecipazione delle comunità locali. Alla ricerca di un teatro che sia davvero popolare, ma soprattutto speciale.
Il Teatro Pubblico Calabrese
è un circuito teatrale regionale, costituito dalla regione, da enti locali ed organismi teatrali e culturali associati per promuovere nella Regione Calabria le condizioni per lo sviluppo della cultura e dell’arte teatrale, in tutte le forme, operando di concerto con coloro i quali considerano le attività teatrali un bene di rilevante interesse culturale e sociale.
Nel corso di tutti questi anni l’Associazione ha perseguito costantemente i seguenti obiettivi:
- agevolare e sostenere l’attività di produzione teatrale nella Regione Calabria;
- programmare le attività di distribuzione di spettacoli e di iniziative teatrali di concerto con gli Enti Locali;
- assicurare la diffusione degli spettacoli prodotti in Calabria;
- incentivare e sostenere la sperimentazione di nuove metodologie didattiche in ogni ordine di scuola, con particolare riferimento alle attività di ricerca di nuovi mezzi espressivi teatrali;
- promuovere scuole teatrali, laboratori, iniziative di studio ed editoriali, convegni, festival, seminari d’altre attività che contribuiscano ad una maggiore conoscenza dell’arte teatrale;
- programmare e realizzare attività di orientamento finalizzate alla formazione professionale degli operatori teatrali, con particolare riferimento al mondo giovanile.
Il Teatro Pubblico Calabrese ha perseguito con determinazione il fine di incentivare non solo la costruzione di luoghi teatrali pubblici ma anche il ripristino ed il funzionamento di quelli esistenti. Ponendosi in tale prospettiva, l’Associazione ha contribuito alla riapertura del Teatro “Grotteria Onlus” di Grotteria, di cui ha assunto a partire dall’anno 2009 la gestione amministrativa ed artistica in collaborazione con il Comune di Grotteria, dando corso a stagioni teatrali regolari ed ospitando, oltre agli spettacoli in cartellone, anche video-rassegne, progetti di teatro di ricerca e di teatro-scuola.
Il Teatro Pubblico Calabrese, inoltre, ha fornito un apporto decisivo all’inaugurazione del Teatro “Carlo Gesualdo” di Avellino ed alle partecipazioni dei seguenti Teatri Municipali: “Giuseppe Verdi” di Salerno, “Vittorio Emmanuele” di Benevento, “Comunale” di Caserta e “ Giuseppe Garibaldi” di Santa Maria Capua Vetere (Ce). Infatti la prima rappresentazione portata in scena il 20 agosto del 2009 fu, “Filumena Marturano”, del Maestro Eduardo De Filippo, ma non solo.
Il Gruppo conta circa venti membri attivi, di età compresa tra i 18 e i 75 anni, ognuno impegnato non soltanto nella recitazione ma anche nell’organizzazione tecnica degli spettacoli.
Riflessioni per tutti
( REFLECTIONS OF ANGEL )
Si dice che il teatro è in crisi
Se ci si convince di vivere in un mondo in decadenza, popolato da persone ignoranti e sciocche, è in atto una scelta: mi sto mettendo dalla parte di una minoranza. Una minoranza moralmente superiore, naturalmente.
Se questo suprematismo morale, poi, è dichiarato da un’intera categoria, come può essere quella del teatro, si sta alzando volutamente una barriera: noi siamo la minoranza che fa teatro; voi siete la maggioranza che giudica negativamente ciò che non vede, o che non fa.
È questo l’atteggiamento che, dal mio limitato punto d’osservazione, riesco a scorgere. Un punto d’osservazione che include i teatranti napoletani, nelle loro manifestazioni verbali, in privato e in pubblico; i teatranti nazionali, nelle loro manifestazioni scritte sui social; molti operatori, in appuntamenti dedicati, come incontri, convegni e riviste di settore.
«Il teatro è in crisi? Per forza! Guarda in che mondo gretto e ignorante siamo costretti a praticarlo! Come vuoi che la gente addormentata possa capire quanto siano belli e bravi…».
I pericoli imminenti sono due.
Da un lato, chi è abituato al lavoro, alla fatica, al rigore, si produce spesso in risultati estremamente criptici che comunque tagliano fuori i “non adepti”: è il teatro di autodefinita avanguardia – paradossalmente ha il suo culmine proprio nell’istituzione dei Teatri Nazionali -, che intesse un dialogo esclusivo con critici, studiosi ed acclarati esperti.
Dall’altro lato, chi è completamente impreparato, pigro e approssimativo, porta a termine i propri fiaschi, giustificandoli con questo dilagante complesso di superiorità (poiché basta il “far teatro”, di per sé, ad ottenere questa patente morale): è quel teatro cosiddetto “off” che, se ospita anche legittimi principianti e autentici sperimentatori, più spesso è la casa di improbabili e piagnucolosi perditempo.
Però, però, però, mi dicono… la barriera può essere superata e abbattuta, sì! Ma solo con un metodo: l’educazione del pubblico. Un’espressione che, mi si perdoni, mi fa venire in mente qualcosa: i gulag sovietici, per esempio.
«Tu spettatore, meschina e inerte vittima del bombardamento degradante dei media di massa, puoi ancora arrivare a comprendere la bellezza del mio teatro: oggi non ti piace e, domani, al termine della tua rieducazione… potrai finalmente apprezzarmi». Però, che generosità! Non è vero?
Se al lettore il mio paradosso parrà esagerato, io replico che questo atteggiamento auto-assolutorio del teatro ha già, oggi, due tipi di reazioni: la prima è quella dello spettatore che, soffocato dal terroristico ammonimento, applaude ed esprime apprezzamenti perché sa che – qualora si fosse annoiato – è solo perché ancora troppo stupido rispetto al suo percorso di rieducazione; la seconda reazione, decisamente più diffusa, è quella dello spettatore che a teatro semplicemente non ci torna più. Allora, il teatro è in crisi perché lo spettatore ha paura di sfidarsi?
Io, comunque, devo essere semplicemente più fortunato. Si Incontrano, tra chi non viene a teatro, persone curiose, interessanti, con osservazioni e punti di vista che mi arricchiscono.
Ci sono di quelli che con la cultura in generale hanno un rapporto molto rarefatto: qualche film, qualche libro, un po’ di musica, molta tv, con una generale a-metodicità. Udite, udite: ci sono moltissime persone acute, intelligenti, anche tra loro! Qualcuno di loro guarda i più superficiali cabaret televisivi, ma contemporaneamente ha a cuore un film o un artista di tutt’altro percorso. Perché, con buona pace di qualche élite, una cosa non esclude l’altra.
Se nella conversazione con queste persone viene fuori il teatro, ecco spuntare quella sensazione di sottomessa estraneità: i loro occhi sembrano chiedere perdono, ma la loro vita terrena non gli permette di salire a dare un’occhiata al nostro iperuranio.
Ci sono di quelli che hanno le loro opinioni forti in fatto di cultura, i loro libri preferiti, guardano le serie tv in lingua originale, i film in bianco e nero. Sono decisamente più severi.
Con loro non funziona il classico alibi dei teatranti: «Eh, che vuoi fare? Se guardano tutti i più superficiali cabaret televisivi, come possono apprezzare una tragedia di Shakespeare?». No, loro non li guardano quei cabaret, alcuni non hanno nemmeno l’antenna, guardano film molto più impegnativi intellettualmente di un’opera del bardo. Con loro, se viene fuori il teatro, lo sguardo sembra dire invece: “perdonami, ma non mi va di sforzarmi di entrare in un circolo in cui i soci parlano solo fra di loro”.
Insomma, il Teatro è in crisi perché è Brutto!
Se non riesce ad incantare nessuno di coloro che ne sono a digiuno, se non riesce a fidelizzare quelli che provano ad andarci, se non riesce a mettersi alla pari di chi non ci lavora, non c’è un aggettivo più efficace: brutto, brutto, brutto!
Ne sono responsabili gli attori, i registi, i drammaturghi, i direttori artistici delle sale, i critici, i giurati dei premi, prima di ogni assessore, ministro o presentatore televisivo!
E per uscirne, non mi pare nemmeno il caso di richiamare le sue origini: la comunità, la polis greca etc.. Per risollevarci da questa ermetica chiusura, voglio fare invece appello alla nostra curiosità intellettuale! Come possiamo piagnucolare, se non studiamo con serietà il nostro pubblico e le sue motivazioni? Ma non il pubblico che già c’è, bensì quello potenziale! Chi, dunque? Semplice: tutti, nessuno escluso.
Monicelli affermò: «La commedia all’italiana è finita quando i registi hanno smesso di prendere l’autobus». E i teatranti, che non navigano nell’oro e l’autobus forse continuano a prenderlo, che fanno? Cosa guardano? Intercettano gli altri, cercando di andare oltre a un non richiesto tentativo di rieducarli? Sono capaci di sostenere una conversazione che non parli di teatro, arte, cultura, ma delle questioni di tutti? Che parli della vita che – un giorno – potrebbe nuovamente rianimare il nostro teatro, la nostra arte e la nostra cultura, e dunque riguardarli?
Ma io so che c’è una comunicazione potenziale, che ogni tanto brilla, e potrebbe brillare ancora di più. Ci credo. Sintonizziamoci con gli spettatori.
Io, colto avanguardista, sono in grado di esprimere un teatro che abbia più livelli di comunicazione? Di trovare delle forme che non pretendano da chi sta in platea di essere me stesso, affinché il mio spettacolo lo riguardi? Se sono davvero tanto geniale come ritengo, dovrei riuscire a trovare una mediazione senza diventare superficiale. O no?
E io, pigro teatrante dell’off, il cui desiderio di praticar teatro supera la mia predisposizione alla fatica necessaria, posso finalmente assumermi la responsabilità dei miei insuccessi, senza raccontarmi che se abitassi altrove (gli esempi, di solito, sono Parigi o Londra) condurrei col teatro una vita da pascià?
Usciamo fuori dal dito che ci nasconde e proviamo ad ascoltare più chi ci bastona! Consentiamo agli spettatori potenziali, affatto stupidi, di bastonarci. Anzi, che dico: esortiamoli a criticarci! Ad educarci. Ecco cosa ci vorrebbe: l’educazione del teatrante…
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